Pagine

domenica 26 settembre 2010

Cose vecchie e cose nuove sui Rifiuti: Articolo di Edo Ronchi del 2003 e dati aggiornati al 2009 ISTAT sulla raccolta Rifiuti in Italia


Gentili lettori del Blog A21Gavorrano, 

Scartabellanto in rete abbiamo trovato due documenti che ci paiono essere d'aiuto per alimentare la nostra discussione sulla gestione dei Rifiuti.

Il Primo è un articolo scritto da Edo Ronchi (minstro dell'Ambiente nei governi Prodi e D'Alema dal 17 maggio 1996 al 25 aprile 2000. 
Intestatario del
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22

Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. (Decreto Ronchi) Testo coordinato (aggiornato, da ultimo, alla Legge 15 dicembre 2004, pubblicata su GU n. 302 del 27 dicembre 2004).

Quello sotto riportato è un articolo che analizza lo stato dell'arte nel 2003 (le cose non andavano bene).
 Vi preghiamo di leggere con attenzione le ultime righe del'articolo.
Laddove si parla del CDR (combustibile da Rifiuti) e Dimensionamento degli Impianti di Incenerimento/Cogenenrazione.

Come secondo spunto, per tirarci un po' su il morale (?) vi alleghiamo anche i dati ISTAT  2009 sulla raccolta Rifiuti in Italia nelle 116 città capoluogo di Provincia.

C'è un lento miglioramento della Raccolta Differennziata e un calo della produzione di Rifiuti (rispetto agli ultimi due anni) ma.... sembra che tutto ciò dipenda dalla crisi e non da stili di Vita e di Consumo più sostenibili. 

C'è il forte rischio che terminata la crisi si (Re)inizi a fare come prima peggio di Prima.
Non potremmo invece provare a fare in modo che questa crisi ci guidi verso stili di vita meno impattanti?
Come fare?

Leggete nel rapporto ISTAT a pagina 1 i risultati di Pordenone: 
"... Tra tutti il primo è Pordenone che grazie all’avvio, nel 2009, del sistema di
raccolta porta a porta ha raggiunto il 76,7% (partendo dal 46,3% del 2008)" 

Allora si può fare? 

Mah !!

Buona lettura
TESTO 1:  
Tratto da:  Ronchi Edo (2003). ECOLOGIA COME SECONDA MODERNITA’ e altri scritti. Roma, Ediz. ISSI



La riforma della gestione dei rifiuti (luglio 2001)

La pubblicazione del rapporto rifiuti 2001, curato dall’ANPA e dall’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, fornisce dati e considerazioni per un bilancio della riforma sulla gestione dei rifiuti avviata con il D. L. 22/97. Ci limiteremo, per ragioni di spazio, in queste note ai soli rifiuti urbani.
La prevenzione e la riduzione della produzione di rifiuti e considerata una priorità dalla riforma: i dati dicono che questa è, probabilmente, la parte di questa riforma meno attuata. La quantità dei rifiuti urbani, infatti, continua a crescere, ha raggiunto nel 1999 le 28,4 milioni di tonnellate, con un incremento del 5,7% rispetto al 1998, (l’incremento più elevato degli ultimi anni); un aumento del 5% al Nord, del3,9% al Centro e del 7,8% al Sud.
Il forte incremento al Sud rispecchia i dati più corretti e controllati dalle gestioni commissariali: quindi, più che un vero aumento, si tratterebbe di dati più attendibili di duelli ricavati solo dai MUD.
L’andamento della produzione dei rifiuti segue la crescita del PIL e dei consumi delle famiglie: il progettato disaccoppiamento non sta affatto riuscendo, anzi la crescita dei rifiuti nel 1999 è più
intensa di quella economica e dei consumi.
È pur vero che questo e un problema comune a tutta l'Europa che, anche nel 1999, la produzione pro capite di rifiuti urbani in Italia, pari a 492 kg/abitanti per anno, resta inferiore alla media europea, pari a 507 Kg/abitante per anno. Resta, tuttavia, il fatto che su questa questione decisiva, la riforma non ha avuto gli effetti sperati. Come mai? Perché non e stata attuata o lo è stata ancora in modo insufficiente: in particolare, vanno sottolineate tre carenze: la scarsa promozione di strumenti
economici, l’assenza di azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori ed i ritardi nell’attivazione della tariffa (tutte previsioni contenute nel D.L. 22/97).
Tra gli strumenti economici, oltre ai tradizionali incentivi e disincentivi fiscali, praticamente assenti, ricordo le certificazioni ambientali di prodotto e di processo produttivo, ancora poco diffuse che, intervenendo sui cicli di vita dei prodotti, potrebbero portare ad una riduzione dei rifiuti.
Le campagne informative potrebbero aumentare la consapevolezza dei consumatori e contribuire a privilegiare prodotti con imballaggi di minori dimensioni per unita di prodotto ed anche
ad una maggiore attenzione agli sprechi.
La sostituzione della TARSU con la tariffa a costo pieno responsabilizzerebbe maggiormente i cittadini che, producendo meno rifiuti, pagherebbero di meno (con la tassa rifiuti, invece, pagano a prescindere dalla quantità di rifiuti che producono).
Nel 2000 solo 206 Comuni hanno adottato la tariffa (113 in Trentino Alto Adige, 27 in Emilia Romagna, 10 in Lombardia, 8 nelle Marche, 47 nel Veneto ed uno in Toscana). Dopo l’ultima proroga sono obbligati ad applicare la tariffa, entro il 2003, solo quei comuni, superiori ai 5000 abitanti, che nel 1999 avevano un livello di copertura dei costi, garantita dalla TARSU, superiore all’85%, gli altri con scadenze successive (2005 con copertura tra il
55 ed il 95% e 2008 per tutti gli altri).Il tasso di copertura media è stato, nel 1999, dell'81% nel Nord e nel Centro è stato dell’83%, al Sud resta del 69%. Il che significa che se i cittadini pagassero con le bollette dei rifiuti urbani i costi effettivi della loro gestione, queste bollette aumenterebbero del 19% in media e di oltre il 30% al Sud.Questi costi, ovviamente, i cittadini li pagano lo stesso, anche se in altro modo, con altre tasse ed imposte comunali.
Non mi stancherò mai di dire che questo trucco ha effetti negativi sulla prevenzione e su una moderna gestione integrata dei rifiuti.
L’introduzione della tariffa va accelerata. I comuni che superano |’85% della copertura sono gia oltre 700, non si capisce perché non introducono tutti la tariffa. Anche gli altri lo potrebbero fare con sperimentazioni, anche prima delle scadenze di legge: farebbero un'operazione di trasparenza e sarebbero spinti a migliorare l'efficienza nelle gestioni per contenere i costi reali, invece che mascherarli con la TARSU.
Le modifiche normative hanno diluito nel tempo le scadenze obbligatorie, anche per non produrre effetti inflattivi. Anche in questo caso, si può fare meglio da ora e non aspettare l’ultimo momento o, peggio, andare anche oltre.
La riforma promuove una gestione integrata dei rifiuti realizzata innanzitutto e prioritariamente con il riuso ed il riciclaggio dei materiali. Ciò comporta lo sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti necessaria per avere a disposizione flussi merceologici omogenei da avviare al riciclaggio.
In questa impostazione, il recupero energetico va limitato ai rifiuti residui, della frazione secca, dotati di buon potere calorico. Lo smaltimento finale in discarica deve riguardare i soli rifiuti, in quantità marginali, non recuperabili e quindi i soli residui delle attività di riciclaggio e di recupero energetico.
Nel 1999 il 74,4% dei rifiuti urbani è stato smaltito in discarica (la media europea e intorno al 65%), con un miglioramento significativo, del meno 5,5%, rispetto al 1997, l’anno di avvio della riforma, ma ancora con una quantità troppo elevata e ben lontana dall’obiettivo di rendere residuale tale forma di smaltimento finale. Complessivamente sono quindi stati avviati ad attività di recupero il 25,6% dei rifiuti urbani, dei quali il 7,2% ad impianti di incenerimento (quasi tutti con recupero di
energia) ed il 18,4% a recupero di materiali. L’aumento del recupero (del 5,5%) riguarda in misura minima l’incenerimento (più 0,6% dal 1997) ed e quasi tutto dovuto all'aumento di recupero di materiali. Coincide, infatti, sostanzialmente con l’aumento della raccolta differenziata che e passata dal 9,04% nel 1997 al 13,1% nel 1999 (ed a circa il 15% nel 2000). Con differenze territoriali che restano notevoli: dal 17% nel ’97 al 23% nel ’99 al Nord, dal 6,3% al 9% al Centro e solo dall’1,4% al 2% al Sud.
La riforma indica l'obiettivo da raggiungere, come media provinciale, del 25% entro il 2001 e del 35% entro il 2003. L’obiettivo del 25% e gia stato raggiunto, in anticipo, nel 1999,
dalle seguenti province: Novara,Varese, Como, Sondrio, Milano, Bergamo, Cremona, Mantova, Lecco, Lodi, Vicenza, Treviso, Padova, Bolzano, Piacenza, Reggio Emilia, Lucca.
Se e gia stato raggiunto, con due anni di anticipo, in 17 province, significa che l’obiettivo e praticabile. Il sistema del riciclo e della raccolta differenziata e partito: la carta e aumentata da
782mila tonnellate nel ’97 a 1.205mila tonnellate nel ’99, il vetro da 643mila a 726mila e la plastica da 96mila a 160mila.
La frazione organica ha avuto l’aumento maggiore: da 598mila tonnellate a 1.126mila tonnellate.
 
Anche il sistema CONAI, per il recupero degli imballaggi, è stato avviato con risultati positivi: il recupero degli imballaggi di carta e cartone è salito dal 40% nel ’98 al 47% nel 2000, il vetro dal 72% al 75%, la plastica dal 17% al 28% e l'alluminio dal 12% al 30%. Ma si procede ancora troppo lentamente e difficilmente si raggiungerà, sul territorio nazionale, il 35% di raccolta differenziata, entro il 2003.

Innanzitutto per i forti ritardi nel Sud del Paese. La gestione commissariale, con ordinanze di emergenza, in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, sta contribuendo ad avviare le raccolte differenziate: i primi risultati significativi dovrebbero arrivare nel 2001.
Non vanno, comunque, nascoste le difficoltà di fondo che permangono al Sud: un sistema dipendente in modo quasi esclusivo dalle discariche, la presenza territoriale della criminalità organizzata che in tale sistema ha svolto un ruolo non trascurabile, la bassa copertura dei costi e costi mantenuti artificialmente bassi con pochi margini per fare investimenti, la disorganizzazione e la diffusa inefficienza delle gestioni. Per superare questi limiti occorrerà una gestione incisiva, ben
orientata e determinata dei Commissari, senza dare spazi né a demagogie, ne a ritorni al passato.
Più in generale, per mantenere il passo, dove si sta procedendo bene e per mantenere la corsa dove la raccolta differenziata e ben avviata, e necessario assicurare continuità di scelta politica in questa direzione a livello centrale, regionale e locale.
Orientamenti contraddittori, confusi, o peggio indicazioni di retromarcia, potrebbero comprometter il buon esito della riforma in una fase cruciale e molto delicata: quella di un sistema avviato, ma non ancora consolidato.
Aiuterebbe molto a consolidare il sistema, l’introduzione di una tariffa agevolata per la quota di rifiuti conferita, separatamente, con la raccolta differenziata. Per introdurre una tariffa agevolata e necessario introdurre la tariffa, in modo da collegare i costi alle quantità conferite e caricare maggiori oneri sulle quantità conferite di tal quale, non differenziato. Del resto, mentre lo smaltimento del tal quale comporta solo costi, i materiali da imballaggio vengono ritirati dai consorzi del CONAI con un corrispettivo economico ed il compost di qualità ha un mercato in
espansione. Ed, invece, i cittadini continuano a pagare nello stesso modo e le stesse cifre, sia quelli che fanno la raccolta differenziata, sia quelli che non la fanno.
Ulteriori miglioramenti possono venire dalla razionalizzazione dei sistemi di gestione, superando l’eccessiva frammentazione con sistemi di gestione organizzati per ambito ottimale e superando le gestioni dirette da parte di un numero ancora troppo elevato di Comuni, con gestioni affidate a vere e proprie aziende, pubbliche, private o miste, ma comunque più efficienti e realmente impegnate a promuovere le raccolte differenziate. Per il recupero energetico, senza pensare che sia l’alternativa alla priorità della raccolta differenziata, si potrebbero avere significativi miglioramenti promovendo effettivamente la produzione e l’utilizzo di CDR (combustibile derivato dai rifiuti).
Risultano solo 15 impianti attivi di produzione di CDR da frazione secca; ancora troppo pochi.
La produzione di CDR consente di recuperare una parte ulteriore di metalli e vetro, di avere un combustibile più sicuro del tal quale ed a maggiore potere calorico e di avere un sistema
più elastico. Il CDR, infatti, può essere, a determinate condizioni di sicurezza ambientale, impiegato anche in impianti non dedicati (centrali termoelettriche e cementifici), riducendo il numero di nuovi inceneritori o la loro dimensione in modo che, un domani, sviluppata a fondo la raccolta differenziata, non ci si trovi un eccesso di capacita di incenerimento, oppure evitando che tale eccesso freni o riduca la raccolta differenziata ed il riciclaggio dei materiali.

TESTO 2: ISTAT 2009 INDICATORI AMBIENTALI URBANI

Rifiuti
Nel 2009 la raccolta dei rifiuti urbani nei 116 comuni capoluogo di provincia risulta pari a 604,3 kg per
abitante. Rispetto al 2008 si registra una diminuzione dell’1,5% del totale dei rifiuti raccolti,
confermando l’andamento decrescente già registrato dal 2007. Tale diminuzione riguarda, in particolare,
la raccolta indifferenziata (-4,2% nel 2009 rispetto al 2008), mentre prosegue la crescita della raccolta
differenziata, ma ad un ritmo più basso dal 2000 (+5,1% nell’ultimo anno): la raccolta differenziata ha
raggiunto, nel 2009, il 30,4% di quella totale. (
I comuni capoluogo del Centro continuano ad essere i maggiori produttori di rifiuti urbani con 660 kg
per abitante. Seguono i comuni del Nord-est con 640, quelli delle Isole con 602, quelli del Sud e del
Nord-ovest con 555 kg per abitante. In tutte le ripartizioni la raccolta risulta in diminuzione rispetto al
2008. La variazione maggiore è pari a -3,5% nei comuni del Nord-ovest.
Nel 2009 i comuni con le più alte quantità di rifiuti urbani raccolti sono: Olbia (1.114 kg per abitante),
Massa (872), Rimini (858), Prato (823), Forlì (821), Ravenna (809), Pisa (803) e Lucca (801). I comuni
di Isernia (440 kg per abitante), Avellino (430), Potenza (422), Tempio Pausania (420), Belluno (396),
Villacidro (376) e Lanusei (305) sono quelli dove la raccolta è minima.
Il servizio di raccolta differenziata è ormai presente in tutti i comuni capoluogo di provincia. Sono 98
quelli nei quali, al 31 dicembre 2009, risultava servita l’intera popolazione residente. I comuni del Nordest
mediamente raccolgono il 44,5% dei rifiuti urbani in modo differenziato, quelli del Nord-ovest il
39,7%, quelli del Centro il 26,9%, quelli del Sud il 20,4% e i comuni delle Isole appena il 13,5%. Per
tutte le ripartizioni si registrano incrementi rispetto al 2008, il massimo dei quali è pari a +3,9 punti
percentuali nei comuni del Sud.
Sono 26 i comuni capoluoghi ad aver raggiunto l’obiettivo imposto dalla normativa del 50% di raccolta
differenziata nel 200916. Tra tutti il primo è Pordenone che grazie all’avvio, nel 2009, del sistema di
raccolta porta a porta ha raggiunto il 76,7% (partendo dal 46,3% del 2008). Seguono i comuni
piemontesi di Novara, Verbania e Asti, per i quali buone performance si registrano ormai da diversi anni
e la percentuale di raccolta differenziata è consolidata tra il 65 e il 73%. Al quinto posto risulta il
comune di Avellino, con il 62,9% dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato grazie al salto
effettuato proprio nel 2009. Gli incrementi maggiori nell’ultimo anno si registrano, oltre ad Avellino,
anche a Oristano, Caserta e Frosinone.
I comuni nei quali, nel 2009 si registrano ancora percentuali inferiori al 10% sono: Siracusa, Messina,
Iglesias, Palermo, Enna, Catania, Taranto, Trapani e Vibo Valentia (Prospetto 5).
Nel 2009 risulta pressoché invariata la composizione media della raccolta differenziata per il totale dei
comuni capoluogo di provincia: il 35,2% è costituita dalla carta, il 31,7% dai rifiuti verdi, organico e
legno, il 12,4% dal vetro e l’11,9% dalla voce altro (comprensiva di ingombranti avviati a recupero,
imballaggi in materiali misti, RAEE - Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche -, inerti
avviati a recupero, rifiuti tessili, ecc.), il 5,9% dalle materie plastiche, il 2,7% dai metalli e lo 0,2% dalla
raccolta selettiva di pile esauste, accumulatori al piombo, rifiuti tossici e infiammabili e farmaci.
Nei comuni capoluogo di provincia sono stati raccolti in modo differenziato nel 2009 mediamente 65 kg
per abitante (-1,1% rispetto al 2008) di carta e cartone. Nei comuni del Nord-est tale valore risulta pari a
80 kg per abitante, scende a 77 kg per abitante in quelli del Centro, a 76 nei capoluoghi del Nord-ovest,
a 41 in quelli del Sud ed è pari ad appena 27 kg per abitante nelle Isole. L’andamento rispetto al 2008 è
in diminuzione nel Centro e nel Nord, in aumento nei comuni del Sud e delle Isole. Il comune nel quale
si raccolgono le maggiori quantità di carta e cartone è Prato (172 kg per abitante), mentre Siracusa è il
comune dove se ne raccoglie di meno (appena 5 kg per abitante).
Anche il vetro, come la carta, è raccolto in modo differenziato in tutti i comuni capoluogo di provincia:
nel 2009 sono stati raccolti mediamente 23 kg per abitante (+5,8% rispetto al 2008). In questo caso è il
Nord-ovest a contribuire maggiormente al dato medio italiano, con 36 kg per abitante; al Nord-est se ne
raccolgono 32, al Centro 19, nel Sud 12 e nelle Isole solo 9. Per le materie plastiche, la cui raccolta
differenziata è attiva nel 2009 in tutti i capoluoghi di provincia, la quantità mediamente raccolta è pari a
11 kg procapite. Si passa da 17 kg per abitante dei capoluoghi del Nord-est a 5 kg per abitante delle
Isole. Rispetto al 2008 si registra un incremento del 14,5%.
Le quantità di metalli (compreso l’alluminio) raccolti mediamente nei comuni capoluogo di provincia è
pari a 5 kg per abitante, il 9,2% in meno rispetto al 2008. Valori superiori alla media si registrano nei
comuni del Nord-est (10 kg per abitante), mentre valori inferiori si registrano nei comuni appartenenti
alle altre ripartizioni. Risulta abbastanza stabile nel tempo la raccolta selettiva dei rifiuti pericolosi, pari
a 0,4 kg per abitante, quantitativo pressoché invariato dal 2001.
Nel 2009 la raccolta dei rifiuti verdi, dell’organico e del legno è stata pari a 58 kg per abitante, in
continua crescita dal 2000. Rispetto al 2008 l’incremento è pari a 12,3%. Le variazioni maggiori si
registrano nei comuni del Sud (+71,2%) e delle Isole (+36,7%) grazie soprattutto all’avvio della raccolta
porta a porta in diversi comuni tra i quali Caserta, Avellino, Frosinone, Oristano e Carbonia. Infine, si
raccolgono 22 kg per abitante (+7,2% rispetto al 2008) di altre tipologie di rifiuti in modo differenziato
tra i quali ingombranti avviati a recupero, RAEE, imballaggi in materiali misti, rifiuti tessili, inerti
avviati a recupero.
Nel 2009, nei 12 grandi comuni capoluogo di provincia (quelli con più di 250 mila abitanti) sono stati
raccolti mediamente 603 kg per abitante di rifiuti, contro i 606 kg raccolti nei capoluoghi più piccoli.
L’andamento decrescente registrato negli ultimi anni è stato maggiore nei grandi comuni (-2,3% rispetto
al 2008), tanto che nel 2009 per la prima volta i rifiuti raccolti per abitante sono maggiori nei piccoli
comuni. La percentuale di raccolta differenziata però continua a essere superiore nei comuni di piccole
dimensioni (35,4%), ben 9,9 punti percentuali in più rispetto ai grandi comuni dove l’indicatore risulta
pari al 25,5% (Figura 13).
Tra i grandi comuni, quelli che raccolgono le maggiori quantità di rifiuti urbani sono Catania (746 kg
per abitante), Venezia (721 kg per abitante) e Firenze (680 kg per abitante). Nessuno dei grandi comuni
ha raggiunto l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata. Le percentuali maggiori si registrano per
Verona (44,7%), Torino (42,3%), Milano (37,1%), Firenze (36,6%), Bologna (33,8%) e Venezia
(33,1%). Fanalini di coda sono i due grandi comuni capoluogo di provincia della Sicilia, Palermo e
Catania, per i quali la raccolta differenziata risulta rispettivamente pari a 5,5% e 6,8% (Figura 14).
La composizione della raccolta differenziata è diversa tra i piccoli e i grandi comuni. Nei primi, infatti,
continua a essere prevalente la raccolta dei rifiuti organici (81 kg per abitante) rispetto alle altre
tipologie, probabilmente grazie alla maggiore diffusione, nei piccoli comuni, di sistemi di raccolta porta
a porta. La raccolta del rifiuto verde, dell’organico e del legno nei comuni con popolazione residente
maggiore di 250 mila abitanti è pari a 35 kg per abitante. Tra le altre tipologie, in entrambi i casi, la
quantità di carta e cartone raccolta in modo differenziato è pari a 65 kg per abitante; le quantità di vetro
mediamente raccolte sono 21 kg per abitante nei grandi comuni e 25 nei piccoli; per le materie plastiche
i quantitativi raccolti sono rispettivamente 9 e 12 kg per abitante; per i metalli 4 e 6 kg per abitante

1 commento:

  1. Mi complimento con Agenda 21 Gavorrano per la passione e la meticolosità con cui sta cercando di trattare il problema.

    RispondiElimina